Praefectus Urbi (febbr.-mar 409)
“tyrannus” (Oros. VII, 42,7; Paul. Pell. Euch. 293) (nov.-dic. 409-410/414-415)
Il riferimento a una genealogia ionica induce ad approfondire; la presentazione sopra riportata permette subito di comprendere che si trattò di un personaggio influente, giunto alle massime cariche da funzionario e quindi appartenente probabilmente a una nota famiglia aristocratica senatoria.
In un brano tratto dalla cronaca (Ἱστορία νέα) di uno storiografo bizantino di secolo V, Zosimus, si trova cenno a un figlio di Attalus, di nome Ampelius: […] τὸν δὲ Ἄτταλον ταῖς πάντων ὔψεσιν ἰδιώτην ἀπέδειξε, κατασχὼν παρ᾽ἑαυτῷ μετὰ τοῦ παιδὸς Ἀμπελίου […] (Zos. 6, 12,3).
Il figlio di Attalus ebbe forse lo stesso nome del padre di Attalus, il senatore antiocheno Publius Ampelius 3 (Amm. Marc. XXVIII 4,3: Post hunc urbem rexit Ampelius, cupidus ipse quoque voluptatum, Antiochiae genitus); il filosofo coevo Himerius lasciò indicazioni riguardo alla formazione del figlio del proconsole Ampelius, purtroppo la declamazione in merito non ci pervenne se non in un’unica riga nell’immensa tarda opera compilatoria del patriarca bizantino Photius: Ἀνεγνώσθε Ἱμερίου σοφιστοῦ […] καὶ εἰς Πριβᾶτον Ῥωμαῖον παιδεύοντα τὸν παῖδα Ἀμπελίου τοῦ ἀνθυπάτου […] (Phot. Bibl. 165).
Photius lesse riguardo al sofista Himerius che inviò alcuni suoi discorsi a conoscenti, fra i quali il pedagogo4 Privatus Romanus5, che istruì il figlio del proconsole Ampelius appunto.
Ampelius dovette essere ben familiare a Himerius, giacché quest’ultimo gli destinò anche un discorso di commiato (Him. Or. I 31: Εἰς Ἀμπέλιον προπεμπτικός), per salutarlo al termine del proconsolato in Achaia. Appare assai verosimile che il figlio si trovasse con il padre durante l’incarico in territorio ellenico e in quel periodo ricevesse la propria istruzione da Privatus Romanus, ad Athenae oppure a Corinthus; lo stesso Privatus Romanus affidò forse il figlio del proconsole a Himerius per completare la sua formazione.
Questo figlio, che non fu mai espressamente nominato6, potrebbe dunque essere l’Attalus descritto da Philostorgius (Ἴων γένος, Ἕλλην δόξαν). Ἴων è termine che nelle fonti tardo antiche indicò esclusivamente l’abitante della regione denominata appunto Ionia, nella provincia di Asia Minor 7.
Sicuramente Attalus ricevette un’istruzione di alto livello, dal momento che gli fu riconosciuta una rara padronanza bilingue perfino dal senatore Quintus Aurelius Symmachus8, suo assiduo corrispondente: […] lectitasse autem te in multo otio utriusque linguae auctores, ipse index fuisti. (Symm. Ep. VII 18,3); e quanto da egli stesso vantato, non fu evidenziato soltanto da Symmachus, bensì anche dallo scrittore tebano di secolo V, Olympiodorus, che ricordò il momento in cui, per primo, Attalus recitò un epitalamio, da lui composto per celebrare le nozze fra il goto Athaulfus 9 e l’augusta Galla Placidia 10: Εἶτα λέγονται καὶ ἐπιθαλάμιοι, Ἀττάλου πρῶτον εἰπόντος […] (Olymp. frg. I 29).
Prima di soffermarci sulla carriera compiuta da Attalus, anche in virtù delle abilità e conoscenze sopra menzionate, ritengo che nell’esposizione relativa alle sue origini meriti considerazione anche il fattore religioso. Philostorgius scrisse che egli fu per credenza Elleno, ovvero nella terminologia in uso dello scrittore eretico cristiano, fu un pagano.
In effetti i riferimenti alla sfera del sacro e alla sua incidenza nell’operato di Priscus Attalus sono frequenti nelle fonti; pare che confidasse in modo assoluto nelle divinità per il conseguimento di successi militari, almeno così il pagano Zosimus ci tramandò: […] ταῖς τοιαύταις παραινέσεσιν Ἄτταλος οὐκ ἐτίθετο, ταῖς δὲ ἐπὶ τοῖς μάντεσιν ἐλπίσιν ἑαυτὸν ἐκδούς, καὶ ἀμαχητὶ περιποιήσασθαι Καρχηδόνα καὶ τὰ περὶ Λιβύην ἅπαντα πεπεισμένος. (Zos. 6, 7,5).
Non soltanto nelle parole dello storiografo possiamo trovare conferma di tale professione, giacché nel momento di massima ascesa al potere, quando per la prima volta Attalus usurpò il titolo imperiale nel 409, si circondò di un ceto dirigente senatorio interamente paganeggiante11. Certo un altro storiografo ecclesiastico del secolo V, Sozomenus, non mancò di segnalare l’improvvisa conversione all’arianesimo del neo-imperatore Attalus, ma sembra difficile interpretare la scelta come qualcosa di diverso da una svolta opportunistica, funzionale al mantenimento del potere, nella vicinanza all’ariano visigoto Alarichus 12; tanto che neppure i contemporanei, se prestiamo fede a quanto narrato da Sozomenus, furono completamente convinti da questa conversione: Ἐπὶ τούτοις δὲ ὧδε ἀποβεβηκόσι οὐ μετρίως ἐδυσφόρουν Ἕλληνές τε καὶ Χριστιανοὶ οἱ ἀπὸ τῆς Ἀρείου αἱρέσεως. Οἱ μὲν γὰρ τεκμηράμενοι τῆς Ἀττάλου προαιρέσεως καὶ τῆς προτέρας ἀγωγῆς εἰς τὸ προφανὲς ἑλληνίσειν αὐτὸν ἡγοῦντο καὶ τοὺς πατρίους ἀποδιδόναι ναοὺς καὶ ἑορτὰς καὶ θυσίας […] (Soz. IX 9,1).
La posizione religiosa di Attalus in ogni caso influì in modo rilevante anche nel corso della sua carriera politica, interamente svoltasi in Occidente.
1 PLRE II, s.v. Alaricus 1, pp. 43-8.
2 La bibliografia relativa all’evento è sterminata e in continua evoluzione, per uno studio ancora valido che considera con particolare attenzione anche la figura di Attalus vedasi Th.S. Burns, Barbarians within the gates of Rome. A Study of Roman Military Policy and the Barbarians, ca. 375-425 A.D., Bloomington 1994, pp. 234-46. Per un contributo puntuale su Attalus Priscus e con particolare riguardo alla situazione politica nella penisola italica nel corso del primo decennio del secolo V, inclusivo di tutti i principali riferimenti agli studi critici in merito, rinvio a G.A. Cecconi, Gruppi di potere, indirizzi politici, rapporti tra Goti e Romani: la vicenda di Prisco Attalo, in I. Baldini, S. Cosentino (a c. di), Potere e politica nell’età della famiglia teodosiana (395-455). I linguaggi dell’impero, le identità dei barbari, Bari 2013, pp. 141-62.
3 PLRE I, s.v. Publius Ampelius 3, pp. 56 s.: Nativo di Antiochia, fu governatore proconsolare dell’Achaia negli anni 359-360 e praefectus Urbis tra il 371 e il 372. Tutti i principali studi relativi ad Attalus concordano nel formulare questa ipotesi: É. Demougeot, De l’unité a la division de l’Émpire Romain, Parigi 1951, p. 450; A. Chastagnol, Les fastes de la Préfecture de Rome au Bas Empire, Parigi 1962, p. 267; R. Delmaire, Les responsables des finances impériales au Bas-Empire romain (IVᵉ-VIᵉ s.). Études prosopographiques, Bruxelles 1989, p. 175.
4 La professione di Privatus Romanus è discussa, si ipotizzò che fosse pedagogo, ma anche semplicemente uno degli insegnanti privati del figlio del proconsole oppure un grammatico, che in seguito inviò l’allievo a Himerius per completare la formazione retorica, cfr. R. Penella, Man and the Word. The Orations of Himerius, Londra 2007, p. 68.
5 Allo stesso Privatus Romanus peraltro fu dedicata un’orazione di Himerius, giuntaci in stato frammentario (Him. Or. I 29): Εἰς τὸν Πριβᾶτον Ῥωμαῖον.
6 L’ipotizzata parentela tra Publius Ampelius e Priscus Attalus, proprio sulla base dei silenzi nelle fonti, non si può sostenere con assoluta certezza, cfr. J. Matthews, Western Aristocracies and Imperial Court A.D. 364-425, Oxford 1975, p. 303. Sulla base di quanto scritto da Himerius, datando l’orazione a Privatus Romanus al 359, si può congetturare una data di nascita di Attalus attestabile al 350.
7 DGRG II, s.v. Ionia, pp. 60 s. Fra le fonti tardo antiche che si soffermarono su una descrizione etnico-geografica cfr. Claud. In Eutrop. II, vv. 238-40: Pars Phrygiae, Scythicis quaecumque Trionibus / alget / proxima, Bithynos, solem quae condit, Ionas, / quae levat attingit Galatas. […].
8 PLRE I, s.v. Quintus Aurelius Symmachus signo Eusebius 4, pp. 865-70.
9 Id. II, s.v. Athaulfus, pp. 176-8.
10 Id. II, s.v. Aelia Galla Placidia 4, pp. 888 s.
11 Per precise indicazioni in merito al ceto dirigente cfr. di nuovo G.A. Cecconi, Gruppi di potere. Op. cit., p. 156, dove è riportata anche una tabella che elenca esattamente i funzionari ascesi al potere in seguito alla prima usurpazione.
12 Cfr. H. Sivain, From Athanaric to Ataulf: the shifting horizons of “Gothicness” in Late Antiquity, in J.M. Carrié, R. Lizzi Testa (a c. di), “Humana sapit”: études d’antiquité tardive offertes à Lellia Cracco Ruggini, Turnhout 2002, p. 62. La studiosa ritenne che la scelta dell’arianesimo da parte di Attalus e Alaricus fosse puramente un’indicazione di opposizione al credo imperiale, la proposta di una professione alternativa. In realtà forse Attalus scelse semplicemente di concordare con la scelta dell’alleato in quel momento più influente.
Sempre grazie alla stessa testimonianza apprendiamo anche di un’ambasceria, per la quale Attalus fu convocato dal senato nel marzo del 398.
Per l’occasione fu nominato capo delegazione, diretto alla corte dell’imperatore Onorio (395-423) a Mediolanum (od. Milano), con l’obiettivo di ottenere, a favore dei grandi proprietari terrieri, l’esenzione dalla leva imposta dal magister militum Stilicho 3 per affrontare la guerra gildonica in Africa 4, ovvero per ottenere la revoca da tirones non aderabili fiscalmente, quindi non monetizzabili5. Symmachus in una prima epistola accennò soltanto alla legazione: Ipsi post legatorum profectionem rus Vaticanum quod vestro praedio cohaeret accessimus et, si nihil disposita conturbet, in Apriles kalendas villae otio defruemur. Iuniorum dilectus urbanis familiis imperatus usque ad aeterni principis responsa pendebit. (Symm. Ep. VI 58).
Il protagonista principale della stessa ricevette particolare attenzione da parte del senatore, che dedicò un’intera epistola ad omaggiarlo: Ut es rerum omnium sollers, scis quantum legatio habeat sollicitudinis, quantum peregrinatio difficultatis. Haec domino et filio meo Attalo senatus desideria prosequenti amor tuus levia et tuta praestabit [..] (Symm. Ep. VII 54)6.
Il successo della delegazione fu presto comunicato da Symmachus: Legati ordinis nostri ex usu actis omnibus reverterunt. Nam et tironum conquievit indictio et argenti nobis facta gratia est (Symm. Ep. VI 62).
La buona riuscita di questo negoziato conferì ulteriore prestigio ad Attalus in senato, tanto che fu inviato nuovamente a corte tra il 408 e il 409, questa volta per affrontare le emergenze dell’antica capitale di fronte all’assedio alariciano; la corte tuttavia dal 402 si era ormai trasferita a Ravenna. La carriera di Attalus stava per raggiungere il culmine, agli inizi del 409, proprio in occasione della legazione, fu nominato comes sacrarum largitionum, allo scopo di confiscare i beni dei sostenitori di Stilicho e fu Zosimus in questo caso a descrivere con attenzione i particolari dell’evento: Οὔπω δὲ τῆς πρὸς Ἀλάριχον βεβαιωθείσης εἰρήνης οἷα τοῦ βασιλἑως οὔτε τοὺς ὁμήρους παραδόντος οὔτε τὰ αἰτούμενα πάντα πληρώσαντος, ἐπέμποντο παρὰ τῆς γερουσίας εἰς Ῥάβενναν πρέσβεις Καικιλιανὸς καὶ Ἄτταλος καὶ Μαξιμιανός […] Ταύτῃ τοι τοὺς πρέσβεις ἐάσας ἀπράκτους ἐφ᾽οἷς ἐληλύθασι, παραλύσας Θεόδωρον τῆς τῶν ὑπάρχων ἀρχῆς Καικιλιανῷ ταύτην παρέδωκεν, Ἄτταλον δὲ προεστάναι τῶν θησαυρῶν ἔταξεν […] (Zos. 5 44,1.2).
Il fallimento della pace con il visigoto Alaricus costrinse il senato all’ambasceria, insieme ad Attalus furono inviati Caecilianus7, che fu poi eletto prefetto al pretorio Italiae et Illyrici in sostituzione di Theodorus 8, e il senatore Maximianus 9. Attalus fu scelto dunque come comes sacrarum largitionum e intervenne subito nelle confische, eseguite fino a quel momento troppo blandamente, contro i sostenitori di Stilicho (Zos. 5 45,2.3: […] ἐπιστὰς Ἄτταλος τῇ Ῥώμῃ […] ἐτέτακτο γὰρ τὰς οὐσίας τῶν δεδημευμένων διὰ τὴν Στελίχωνος οἰκειότητα διερευνᾶσθαι καὶ ταύτας τοῦ δημοσίου ποιεῖν 10).
In breve tempo Attalus ascese alle massime cariche, tra febbraio e marzo del 409 fu nominato praefectus Urbis; anche soltanto per cenni brevissimi inseriti nella drammatica cronaca relativa al sacco di Roma di quegli anni a opera dei Visigoti, diverse testimonianze menzionarono la sua carica di prefetto: Olympiodorus raccontò che πρὸ τῆς ἁλώσεως δὲ ἕνα τινὰ τῶν κατὰ τὴν Ῥώμην ἐπιδόξων (Ἄτταλος ἧν ὄνομα αὐτῷ) τὴν ἐπαρχόντα τότε διέποντα εἰς βασιλέα ἀνηγόρευσεν (Olymp. frg. I 2). Sozomenus scelse il momento culminante, nel quale Alaricus forzò i Romani a proclamare loro imperatore Attalus, per ricordare anche la dignità già acquisita di prefetto della città: ἑλὼν βιάζεται Ῥωμαίους βασιλέα ψεφίσασθαι τὸν Ἄτταλον, ὕπαρχον ὄντα τότε τῆς πόλεως. (Soz. IX 8,1); analogamente si legge nello storiografo della Chiesa, Orosius, che rese tuttavia evidente la precarietà della situazione: […] et hic praefectus huius Attalus regnare temptarit […] (Oros. II, 3,4).
Al termine di un anno convulso, durante il mese di novembre o di dicembre11, quando ancora era in corso il secondo assedio all’antica capitale, su esortazione di Alaricus i Romani proclamarono imperatore Attalus. Le fonti descrissero in modalità a volte diametralmente opposte l’assunzione della massima carica; dal sarcasmo corrosivo di Orosius, preoccupato del potere visigoto e quindi commiserevole nei confronti dell’“imperatore-fantoccio”12, Attalus (Oros. VII, 42,7.9: Quid de infelicissimo Attalo loquar, cui occidi inter tyrannos honor et mori lucrum fuisset? In hoc Alaricus imperatore facto, infecto, refecto, ac defecto, mimum risit et ludum spectavit imperii; […]Attalus itaque, tamquam inane imperii simulacrum, cum Gothis usque ad Hispanias portatus est […])13, al carattere quasi di solenne annuncio ufficiale che sembra di poter cogliere da Photius: Ἀλάριχος τὴν Ῥώμην τὸ δεύτερον πολιορκῶν καὶ τῶν ἐνοικούντον ἀπορουμένων, λύει τὴν πολιορκίαν, βασιλέα τούτοις Ἄτταλον ἀνειπών. (Phot. Bibl. 98).
Pochi mesi e in effetti Attalus fu deposto, nel luglio 410, quando Alaricus e l’imperatore Onorio trovarono un accordo14. Nonostante un’umiliante destituzione, Attalus rimase con i Visigoti e li seguì nella loro peregrinazione fino alle Galliae 15, alla ricerca di un proprio regno nel quale insediarsi.
Il capo condottiero, successore di Alaricus, Athaulfus lo proclamò nuovamente imperatore tra il 414 e il 415, ma immediatamente catturato dalle milizie dell’imperatore legittimo, Onorio, fu portato a Roma, costretto ad assistere al trionfo del basileus riconosciuto16 e infine esiliato per sempre a Lipara 17 (od. isola di Lipari, nel Mar Tirreno a nord della Sicilia).
Oltre alle fonti letterarie, non è privo di interesse considerare la monetazione relativa al periodo in cui Attalus fu investito del potere imperiale; le coniazioni del periodo romano furono molto più significative dal punto di vista storico rispetto a quelle della proclamazione nelle Galliae.
Legende e figurazioni in ogni caso furono essenzialmente romanocentriche; nel diritto si ritrova costante la dicitura Priscus Attalus P(ius) F(elix) AVG(ustus), a volte accompagnata dalla rara attribuzione di Imp(erator), sul rovescio delle monete coniate a Roma fu costante il motto Invicta Roma Aeterna oppure Victoria Romanorum sui Miliarenses e le mezze siliquiae in argento e bronzo (RIC X, pp. 343-5). Diversamente, nelle coniazioni di Narbo (od. Narbona, nella Francia meridionale), sul rovescio fu posta la dicitura Restitutio Rei P(ublicae) (RIC X, p. 346).
Gli studiosi di numismatica proposero diverse letture riguardo al suddetto programma figurativo, forse idealmente vòlto ad affermare un primato dell’antica capitale sulla nuova e dei rispettivi regnanti oppure la volontà di evidenziare la superiorità del potere e della tradizione romani sulle corrispettive usanze del mondo barbarico18.
1 PLRE I, s.v. Virius Nicomachus Flavianus, pp. 347-9.
2 Difficile associare con certezza l’espressione vir spectabilis a un preciso incarico, lo stesso A. Chastagnol, Les fastes. Op. cit., p. 267 propose, tuttavia dubitativamente, un proconsolato. Si possono formulare ipotesi in considerazione del destinatario della missiva di Symmachus: R. Delmaire, Les responsables des finances impériales. Op. cit., p. 176 ipotizzò vicarius, proconsul Africae oppure magister scrinii. L’affinità e la familiarità tra Symmachus e Attalus traspare soprattutto dall’insieme di lettere espressamente indirizzate dal senatore a Attalus (Symm. Epp. VII 15-25): Amicitiae nostrae contemplatio spem mihi adventus tui fecerat: prope est ut errasse me credam, qui te speravi in conspectum parentis sponte venturum. (Ep. VII 15), Proxime de Formiano sinu regressus in larem Caelium domo iamdiu abesse te conperi (Ep. VII 18) – riguardo alle proprietà fondiare di Attalus Priscus e per le eventuali eredità da Publius Ampelius, cfr. J. Hillner, Domus, family and inheritance: the Senatorial Family House in Late Antique Rome, “JRS” 93 (2003), pp. 130, n. 5, 133, 136, n. 39 – Reverteris, ut spero, post repotia in Caelium larem […] (Ep. VII 19), Villa Tiburs quae proxime in ius tuum venit […] (Ep. VII 20), Amicos enim, non Baias desiderasti, nisi forte illo luxuriae sinu traheris (Ep. VII 24).
3 PLRE I, s.v. Flavius Stilicho, pp. 853-8.
4 Il riferimento è alla ribellione scoppiata nell’autunno del 397, condotta dal magister utriusque militiae in Africa, Gildo, che sollevò i suoi uomini contro il governo imperiale occidentale, a seguito dell’accresciuta richiesta di grano da parte di Roma.
5 Cfr. A. Marcone, Commento storico al libro VI dell’Epistolario di Q. Aurelio Simmaco: introduzione, commento storico, testo, traduzione, indici, Pisa 1983, p. 138. Lo studioso nel commento ricorda anche la normativa che in precedenza aveva altresì permesso di aderare la tassa (CTh. VII, 13,13, VII, 13,14, rispettivamente del 24 settembre e del 12 novembre 397).
6 Furono dello stesso tenore altre due lettere: Dominum et filium meum Attalum de summatibus viris ad dominos et principes nostros amplissimus ordo legavit instructum variis de more mandatis quae spectare visa sunt bonum publicum […] (Symm. Ep. VII 113), […] Quorsum ista protulerim dominus et filius meus Attalus eloquetur, cui spes visendae prudentiae tuae laborem peregrinationis fecit optabilem. Vale. (Symm. Ep. VII 114).
7 PLRE II, s.v. Caecilianus 1, pp. 244-6.
8 Id., s.v. Theodorus 9, pp. 1086 s.
9 Id., s.v. Maximianus 2, p. 739.
10 Concetto ribadito anche in Zos. 5 46,1, quando lo storiografo aggiunse anche che l’imperatore Onorio inviò a supporto di Attalus, Demetrius, che sarebbe poi divenuto successore di Attalus stesso nella carica di comes sacrarum largitionum (PLRE II, s.v. Demetrius 1, p. 352).
11 Cfr. A. Chastagnol, Les fastes. Op. cit., p. 267: dicembre; F. Paschoud ed., Zosime. Histoire nouvelle, vol. V/3, Parigi 1986, p. 302: novembre.
12 Il giudizio negativo su Attalus per la sua dipendenza da Alaricus fu ripreso anche dalla critica recente e formulato in varie modalità, cfr. J. Matthews, Western Aristocracies. Op. cit., p. 291; J.P.C. Kent, The Roman Imperial Coinage, X: The Divided Empire and the Fall of the Western Parts (395-491), Londra 1994, p. 138; J. Szidat, Usurpator tanti nominis: Kaiser und Usurpator in der Spätantike (337-476 n. Chr.), “Historia. Einzelschriften” 210 (2010), p. 266.
13 Una posizione simile, sicuramente meno sarcastica, rispetto a quella di Orosius si ritrova in un altro storico ecclesiastico, Socrates Scholasticus, che descrisse Attalus come imperatore-schiavo di Alaricus: Καταπαίζων τε τῆς βασιλείας ἀναδείκνθσί τινα βασιλέα ὀνόματι Ἄτταλον. Ὅν μίαν μὲν ἡμέραν ὡς βασιλέα δορυφορούμενον προϊέναι ὲκέλευεν, τὴν δὲ ἄλλην ἐν δούλου τάξει φαίνεσθαι παρεσκεύαζεν. (Socr. VII 10,5).
14 Cfr. É. Demougeot, De l’unité a la division. Op. cit., pp. 448-61. La descrizione di Olympiodorus per l’occasione, oltre ad essere particolareggiata, sembra mostrare anche particolare attenzione introspettiva nell’interpretazione dei gesti dei protagonisti, Alaricus, Honorius e Attalus: Ὅτι Ἄτταλος βασιλεύσας κατὰ Ὁνωρίου ἐπὶ Ῥάβενναν ἐκστρατεύεται […] οἵ ἐδήλουν Ἀττάλῳ ἐπὶ κοινωνίᾳ τῆς βασιλείας ἀπεστάλθαι παρὰ Ὁνωρίου. Ὁ δὲ ἀπένευσεν, ἀλλὰ νῆσον οἰκεῖν ἢ ἕτερόν τινα τόπον, ὃν ἃν βούλοιτο, συγχωρεῖν Ὁνώριον κακῶν ἀπαθῆ. Ἀποκρίνεται δὲ Ἰώβιος ἡσθείς, ἑπαγγελλόμενος καὶ σινῶσαι καθ᾽ἑνὸς μέλους τὸν βασιλέα Ὁνώριον. Ἐφ᾽ᾧ ἐπετίμησεν Ἄτταλος Ἰώβιῳ, ὡς οὐθενὸς ἔθους ὄντος σινοῦσθαι βασιλέα ἑκοντὶ τὴν βασιλείαν ἀποτιθέμενον. (Olymp. frg. I 15). Attalus, secondo la testimonianza appena offerta, non accettò una coreggenza, tuttavia espresse clemenza nei confronti dell’avversario. Il passo immediatamente successivo fu il seguente: Χρόνος ἔρρευσεν ἱκανός, καὶ μὴ πειθόμενος Ἄτταλος Ἀλαρίχῳ, […] καθαιρεῖται τῆς βασιλείας, καὶ μένει τὸν ἰδιώτην παρὰ Ἀλαρίχῳ βίον ἀνθῃρημένος. […] Καὶ μετὰ ταῦτα ὕστερον ἐπὶ Ῥάβενναν παραγεγονὼς καὶ τοὺς τῆς δεξιᾶς χειρὸς δακτύλους ἀκρωτηριασθεὶς ἐξορίᾳ παραπέμπεται. (Olymp. frg. I 16). Ancora una volta la sudditanza di Attalus nei confronti di Alaricus fu sottolineata (μὴ πειθόμενος Ἄτταλος Ἀλαρίχῳ), e la mancata obbedienza comportò la perdita dell’imperio e l’amputazione in precedenza non comminata all’altro, cfr. Marcell. com. s.a. 412: Attalus in mari captus atque Honorio exhibitus truncata manu vitae relictus est.
15 Una testimonianza relativa a questa occasione la offrì il poeta cristiano latino, Paulinus Pellaeus, che scrisse un poema in esametri e inserì a un tratto un ricordo che lo legò ad Attalus: […] tyrannus / Attalus absentem casso oneraret honoris / nomine, privatae comitivam largitionis / dans mihi quam sciret nullo subsistere censu […] (Paul. Pell. Euch. 293-6). Anche il cronachista Prosper Aquitanus riferì dell’evento con stupore: Attalus Romae imperator factus, qui mox privatus regno Gothis cohaesit. (Prosp. Tir. s.a. 416). Lo storiografo bizantino di sesto secolo, Procopius, fu in realtà più preciso e narrò che Attalus fu dichiarato imperatore da Alaricus e alla successiva destituzione rimase con i Visigoti, ma in condizione di cattività: Ἐπειδὴ δὲ Ἀλάριχος ἐκ Ῥώμης ἐξανίστασθαι ἔμελλεν, Ἄτταλον τῶν τινα εὐπατριδῶν βασιλέα ἀνεῖπε, περιθέμενος αὐτῷ τό τε διάδημα καὶ τὴν ἀλουργίδα καὶ εἴ τι ἄλλο ἐς βασιλικὸν ἀξίωμα ἥκει. ἔπρασσε δὲ ταῦτα ὡς παραλύσων μὲν τῆς βασιλείας Ὁνώριον, παραδώσων δὲ ἅπαν Ἀττάλῳ τὸ ἑσπέριον κράτος. […] διάφορóς τε Ἀττάλῳ γεγονὼς Ἀλάριχος τó τε τοῦ βασιλέως αὐτὸν ἀφαιρεῖται σχῆμα καὶ ἐν ἰδιώτου ἤδη τελοῦντα μοιρᾳ ἐν φυλακῇ εἶχε (Proc. Bella III II, 29,30,36). Una versione ulteriormente differente fu quella di Sozomenus, che ritenne che Attalus scelse di rimanere con i Visigoti, perché così si sarebbe sentito più sicuro: Ἄτταλος δὲ ἅμα τῷ παιδὶ Ἀλαρίχῳ συνῆν οὐκ ἀσφαλὲς τέως ἡγούμενος ἐν Ῥωμαίοις διάγειν. (Soz. IX 8,10.11).
16 Chron. Pasch. s.a. 416: Καὶ ἐπετελέσθη θέατρον, θεωρήσαντος Οὔρσου ἐπάρχου πόλεως, ὑπὲρ τῶν ἐπινικίων τῶν κατὰ Ἄτταλον τὸν τύραννον μηνὶ δαισίῳ τῇ πρὸ δ᾽ καλανδῶν ἰουλίων ἡμέρᾳ δ᾽ – celebrati sunt quoque ludi Theatrales, hos edente Urso Praefecto Urbi, ob victoriae ex Attalo tyranno reportatae nuntium, mense Desio, ex ante diem IV Kalendae Iulias. Il trionfo che fu di Onorio, non di Attalus, come precisò, negando la dedicazione a una porta di Constantinopolis a questo Attalus, C. Mango, The Triumphal Gate of Constantinople and the Golden Gate, “DOP” 54 (2000), p. 174, n. 16.
17 Preciso riferimento all’esilio in Philost. XII, 5: […] καὶ εἰς Λίπαρα τὴν νῆσον τούτους φυγαδεύει […].
18 Cfr. D.G. Wigg, Contorniates and the pagan revival, “Journal of Roman Archaeology” 8 (1995), pp. 528 s.; F. López Sánchez, Le monnayage de Priscus Attalus et l’émergence de Byzance comme unique puissance, “Rivista Italiana di Numismatica e scienze affini” 104 (2003), pp. 269-83.
Index nominum – Index rerum sacrarum – Index geographicus – Index rerum notabilium
Index nominum
Ἀλ(λ)άριχος / Alaricus | Oros. VII, 42,7; Philost. XII, 3; Proc. Bella III II, 29,36; Phot. Bibl. 98; |
Ἀμπέλιος | Him. Or. I 31; Zos. 6, 12,3; Phot. Bibl. 165; |
Ἄρειος | Soz. IX 9,1; |
Ἄτταλος / (Priscus) Attalus | Symm. Epp. II 82,2, VI 58,62, VII, 15-25,54,113,114; Him. Or. I 31; Paul. Pell. Euch. 293-6; Prosp. s.a. 416; Olymp. frgg. I 2, 15, 16, 21, 29; Oros. II, 3,4, VII, 42,7-9; Socr. VII 10,5; Philost. XII, 3-5; Soz. IX 8,1.10.11, IX 9,1; Zos. 5 44,1.2, 45,2.3, 46,1, 6, 7,5, 12,3; Marcell. com. s.a. 412; Proc. Bella III ΙΙ, 29,30,36; Chron. Pasch. s.a. 416; Phot. Bibl. 98, 165; RIC X, pp. 138-142, 343-346; |
Καικιλιανός | Zos. 5 44,1.2; |
Ἱμέριος | Him. Or. I 31; Phot. Bibl. 165; |
Ὁνώριος / Honorius | Olymp. frg. I 15; Marcell. com. s.a. 412; Proc. Bella III II, 30; |
Ἰώβιος | Olymp. frg. I 15; |
Μαξιμιανός | Zos. 5 44,1; |
Πριβᾶτος Ῥωμαῖος | Phot. Bibl. 165; |
Στελίχων | Zos. 5 45,3; |
Symmachus | Symm. Epp. II 82,2, VI 58,62, VII, 15-25,54,113,114; |
Θεόδωρος | Zos. 5 44,2; |
Οὔρσος / Ursus | Chron. Pasch. s.a. 416. |
Index rerum sacrarum
Ἀρείου αἵρεσις | Soz. IX 9,1; |
χριστιανός | Ivi; |
μάντις | Zos. 6, 7,5; |
ναός | Soz. IX 9,1. |
Index geographicus
Baiae | Symm. Ep. VII 24; |
Caelius | Id. Epp. VII, 17,18; |
Καρχηδών | Zos. 6, 7,5; |
Gothi | Oros. VII, 42,9; |
Ἕλλην (<Ἑλλάς) | Philost. XII, 3; Soz. IX 9,1; |
Hispaniae | Oros. VII, 42,9; |
Ἴων (<Ἰωνία) | Philost. XII, 3; |
Λιβύη | Zos. 6, 7,5; |
Λιπαρά | Philost. XII, 5; |
Ῥαβέννα | Olymp. frgg. I 15,16; Zos. 5 44,1; |
Ῥώμη / Ῥωμαῖος / Roma | Philost. XII, 3; Soz. IX 8,1,11; Olymp. frg. I 2; Zos. 5 45,2; Proc. Bella III II, 2; Phot. Bibl. 98; RIC X, pp. 343-5; |
Tibur | Symm. Ep. VII 20; |
Vaticanum rus | Id. Ep. VI 58. |
Index rerum notabilium
amicus | Symm. Ep. VII 24; |
ἀνθύπατος | Olymp. frg. I 16; Phot. Bibl. 165; |
τῶν ὑπάρχων ἀρχή | Zos. 5 44,2; |
argentum | Symm. Ep. VI 62; |
auctores | Id. Ep. VII, 18,3; |
βασίλεα, βασιλεία | Olymp. frgg. I 2,15,16; Socr. VII 10,5; Philost. XII, 3; Soz. IX 8,1; Zos. 5 44,1; Proc. Bella III II, 2; Phot. Bibl. 98; |
βασιλεύς /imperator, augustus, dominus et princeps | Symm. Ep. VII 113; Prosp. s.a. 416; Oros. VII, 42,7; Zos. 5 44,1; Proc. Bella III II, 36; RIC X, pp. 343-6; |
comitiva privatae largitionis | Paul. Pell. Euch. 295; |
χείρ / manus | Olymp. frg. I 16; Marcell. com. s.a. 412; |
κοινωνία | Olymp. frg. I 15; |
διάδημα καὶ ἁλουργίς | Proc. Bella III II, 2; |
dilectus | Symm. Ep. VI 58; |
δόξα | Philost. XII, 3; |
δούλος | Socr. VII 10,5; |
εἰρήνη | Zos. 5 44,1; |
ἐλπίς / spes | Symm. Epp. VII 15,114; Zos. 6, 7,5; |
ἔπαρχος / ὕπαρχος πόλεως / praefectus urbis | Oros. II, 3,4; Philost. XII, 3; Soz. IX 8,1; Chron. Pasch. s.a. 416; |
ἑορτή | Soz. IX 9,1; |
ἐπιθαλάμιος | Olymp. frg. I 29; |
γένος | Philost. XII, 3; |
γερουσία / senatus | Symm. Ep. VII 54; Zos. 5 44,1; |
gratia | Symm. Ep. VI 62; |
ἅλωσις | Olymp. frg. I 2; |
ὅμηρος | Zos. 5 44,1; |
honos | Oros. VII, 42,7; Paul. Pell. Euch. 294; |
ἰδιώτης | Olymp. frg. I 16; Zos. 6, 12,3; Proc. Bella III II, 36; |
imperii ludus, imperii simulacrum | Oros. VII, 42,7.9; |
indictio | Symm. Ep. VI 62; |
labor | Id. Ep. VII 114; |
legatio, legatus / πρέσβυς | Symm. Epp. VII 54,58,62; Zos. 5 44,1.2; |
lingua | Symm. Ep. VII 18,3; |
νῆσος | Olymp. frg. I 15; Philost. XII, 5; |
ὄνομα | Olymp. frg. I 2; Socr. VII 10,5; |
ordo | Symm. Ep. VII 113; |
παῖς / filius | Symm. Epp. II 82,2,113,114; Soz. IX 8,11; Zos. 6, 12,3; Phot. Bibl. 165; |
πάτριος | Soz. IX 9,1; |
peregrinatio | Symm. Epp. VII 54,114; |
φυλακή | Proc. Bella III II, 36; |
πολιορκία | Phot. Bibl. 98; |
praedium | Symm. Ep. VI 58; |
προεστάναι τῶν θησαυρῶν | Zos. 5 44,2; |
profectio | Symm. Ep. VI 58; |
προπεμπτικός | Him. Or. I 31; |
prudentia | Symm. Ep. VII 114; |
σχῆμα | Proc. Bella III II, 36; |
σοφιστής | Phot. Bibl. 165; |
spectabil vir | Symm. Ep. II 82,2; |
tiro | Id. Ep. VI 62; |
τόπος | Olymp. frg. I 15; |
τύραννος / tyrannos | Oros. VII, 42,7; Paul. Pell. Euch. 293; Chron. Pasch. s.a. 416; |
villa | Symm. Epp. VI 58, VII 20; |
vita | Marcell. com. s.a. 412. |
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