La tradizione storico ecclesiastica erudita attribuì al religioso un’origine mediolanense, appartenente a una nota famiglia aristocratica2; nessuna conferma in merito giunse dagli studi successivi, tuttavia che fosse un diacono di Mediolanum già noto al papa nell’aprile dell’anno 593 lo testimoniarono le parole dello stesso pontefice in un’epistola inviata ai preti, ai diaconi e all’intero clero della Chiesa mediolanense: […] Constantio filio nostro, ecclesiae vestrae diacone, convenire consensum, qui dudum mihi bene cognitus fuit (Greg. I Reg. epp. III, 29).
In merito alle circostanze che lo resero familiare a Gregorio I si scriverà in seguito, ma è certo che Constantius fu diaconus Mediolanensis prima del 593; giacché già nell’agosto del 591, in una lettera pontificale inviata a Laurentius II, allora episcopus Mediolanensis 3, si esortò all’invio a Roma di un membro fidato della comunità ecclesiastica mediolanense per dirimere una questione patrimoniale in sospeso dall’età teodericiana: […] Quod autem perhibetis ab exactione patrimonii Siciliae provinciae iuri sanctae cui Deo auctore praesidetis ecclesiae certam redhiberi pecuniae quantitatem […] Quibus perspectis, nihil a sancta Romana ecclesia ecclesiae vestrae allegatum est redhiberi. Sed quia, dum Constantius diaconus vester ad ea quae obiecta a nostris fuerant aliud allegavit, examen negotii venit in dubium […] (Greg. I. Reg. epp. I, 80).
L’intervento del diacono Constantius permise alla Chiesa mediolanense di recuperare forse una parte dei beni, che Teoderico, sovrano degli Ostrogoti e regnante in Italia tra il 493 e il 526, avrebbe affidato a Adila, comes Siciliae 4.
Il prestigio di Constantius fu dunque tale, ancora prima di divenire vescovo, da fornire verosimiglianza alle tesi che lo ritennero un uomo di buona famiglia5 nativo di Mediolanum.
Possiamo datare agli inizi dell’anno 593 l’assunzione dell’episcopato di Constantius, giacché disponiamo di tre missive redatte dallo stesso Gregorio I, nelle quali il pontefice espresse la propria soddisfazione per l’elezione. Alla prima è stato fatto breve cenno in precedenza, tuttavia appare significativo citarne il paragrafo di apertura, poiché sembra alludere a una modalità elettiva diversa dal solito: Epistulam dilectionis vestrae suscepimus, cui tamen nullius erat inserta subscriptio, sed fidem Magni presbyteri et Yppoliti clerici portitorum personae faciebant. Qua relecta comperimus omnium vestrum in Constantio filio nostro, ecclesiae vestrae diacone, convenire consensum (Greg. I Reg. epp. III, 29).
Il pontefice riferì subito in merito all’assenza di una sottoscrizione dell’elezione a vescovo di Constantius, ricordando contemporaneamente che fecero fede dell’atto il prete Magnus 6 e il chierico Yppolitus; dal 569 l’avanzata dei Longobardi avrebbe infatti indotto il vescovo e la maggioranza degli ecclesiastici a fuggire da Mediolanum per raggiungere Genua (od. Genova), città ancora saldamente sotto il controllo bizantino. L’elezione di Constantius avvenne per unanime consenso dell’ordo e della plebs in una Mediolanum quasi totalmente abbandonata dal potere ecclesiastico7.
In una seconda lettera, immediatamente seguente a quella appena sintetizzata, Gregorio I richiese al suddiacono8 romano Iohannes 9 di recarsi a Genua in modo che Constantius, a seguito della morte del precedente vescovo, Laurentius II, e eletto come ricordato in precedenza, fosse consacrato regolarmente da tutti i vescovi e chierici della propria diocesi: Gregorius Iohanni subdiacono. […] Defuncto igitur Laurentio, ecclesiae Mediolanensis episcopo, sua nobis relatione clerus innotuit in electione se filii nostri Constantii, diaconis sui, unanimiter consensisse. Sed quoniam eadem non fuit subscripta relatio […] Genuam te proficisci necesse est (Greg. I Reg. epp. III, 30).
L’attenzione mostrata dal pontefice nei confronti della regolarità dell’elezione non trascurò, benché in seconda battuta, la richiesta del riconoscimento ufficiale anche da parte dell’autorità civile e politica; nell’aprile dello stesso 593 Gregorio I scrisse infatti anche all’esarco d’Italia in Ravenna, Romanus 10, perché anch’egli notificasse l’elezione e garantisse il suo supporto: Gregorius Romano patricio et exarcho Italiae. […] quaesumus ut praedicto Constantio, seu fuerit consecratus episcopus necne, excellentia vestra ubi necesse fuerit suum dignetur impendere, iustitia favente, solacium […] (Greg. I Reg. epp. III, 31).
Trascorsa l’estate, in settembre, Gregorio I inviò la prima lettera a noi nota direttamente a Constantius per congratularsi con lui della consacrazione ufficiale e per l’invio del pallio11: Scripta fraternitatis vestrae suscipiens magnas omnipotenti Deo gratias retuli, quia ordinationis vestrae merui celebratione relevari. […] Praeterea pallium ad sacra missarum sollemnia utendum ex more transmisimus. Sed peto ut, dum hoc suscipitis, eius honorem ac genium ex humilitate vindicetis (Greg. I Reg. epp. IV, 1).
Le ultime parole del pontefice, benché siano un’espressione formulare, risultarono profetiche, poiché Constantius dovette difendere quasi subito l’onore e soprattutto le prerogative di tale conferimento; la prima rilevante questione dogmatica con la quale dovette confrontarsi fu lo scisma tricapitolino, ovvero la divisione ingeneratasi all’interno del clero, in seguito alla condanna formulata dall’imperatore Giustiniano I (527-565) nel 543/544 e ratificata nel quinto sinodo ecumenico (553), rivolta contro le opere e la condotta di tre teologi orientali: Theodoretus di Mopsuestia, Theodoretus di Cyrrhus e Ibas di Edessa, tutti accusati di filo-nestorianesimo12.
Tre vescovi suffraganei della Chiesa mediolanense13 accusarono Constantius di aver accettato nella propria professione di fede la condanna dei Tre Capitoli e convinsero la regina longobarda Teodelinda 14, che aveva aderito alla fede cattolica, a distogliersi dalla comunione con il metropolita15.
La reazione di Gregorio I fu immediata, senza ritenere troppo rilevante la problematica dottrinale, secondaria alla necessità di preservare l’unità dell’intera ecumene cristiana16, rassicurò Constantius in merito a un suo personale intervento epistolare perché la regina ritornasse in comunione con la sua comunità17 e i suffraganei si pentissero delle loro insinuazioni: […] tres se episcopi a fraternitatis vestrae communione separaverint, dicentes vos in damnatione trium capitulorum consensisse atque cautionem fecisse […] ego quoque tunc urbanam praefecturam gerens pariter subscripsi, quia, postquam talis scissura pro nulla re facta est, iustum fuit ut sedis apostolica curam gereret, quatenus unitatem in universalis ecclesiae sacerdotum mentibus per omnia custodiret. […] Quod autem dicitur filiam nostram Theodelindam reginam […] cui etiam meas epistulas direxi, quas fraternitas vestra sine dilatione transmittat. De episcopis vero qui se suspendere visi sunt aliam epistulam feci […] (Greg. I Reg. epp. IV, 2).
A Constantius il pontefice richiese di prestare attenzione a particolari situazioni critiche nelle aree più periferiche della diocesi18; in un’epistola inviata nel novembre del 594 sottolineò infatti la difficile situazione disciplinare di Luna (od. Luni, in provincia di La Spezia): Quorundam de Lunensium venientium partibus ad nos relatione pervenit religionem locorum ipsorum ita ab ecclesiasticae disciplinae tramite deviasse […] (Greg. I Reg. epp. IV, 22).
Gregorio I si mostrò sollecito anche nel portare conforto a Constantius di fronte alle maldicenze: sanctitas vestra debet mentem suam a maledicorum hominum rumoribus atque obtrectatione disiungere et sola quae internae vitae sunt atque ad utilitatem subditorum proficiunt cogitare (Greg. I Reg. epp. VII, 14).
Il pontefice cercò sempre di mettere in evidenza la distinzione tra le funzioni civili-militari e religiose19, al proposito va menzionata l’epistola che inviò a Constantius nel novembre del 597, quando trasmise ai suoi sottoposti il contenuto della disposizione imperiale che vietava ai militari o ai funzionari pubblici di farsi preti o vestire l’abito monastico: Legem quam piissimus imperator dedit, ne fortasse hi qui militiae vel rationibus sunt publicis obligati, dum causarum suarum periculum fugiunt, ad ecclesiasticum habitum veniant vel in monasteriis convertantur […] (Greg. I Reg. epp. VIII, 10).
Nell’anno 599 si moltiplicarono le richieste del papa rivolte a Constantius: in un caso perché fossero garantiti supporto e protezione a Iohannes 20, un funzionario che sarebbe giunto a Genua per svolgere le funzioni prefettizie durante l’occupazione longobarda (Greg. I Reg. epp. IX, 104: Iohannes vir magnificus, qui praefecturae vices illic acturus advenit, nostra se petit epistula commendari […]), in un altro perché coadiuvasse il vescovo di Ravenna, Marinianus 21, in un processo contro Maximus, vescovo di Salona (od. Solin, in Croazia), reo di aver indotto parte della sua comunità allo scisma tricapitolino (Greg. I Reg. epp. IX, 149: Gregorius Mariniano episcopo Ravenna. Latores praesentium de Histriae ad nos partibus venientes unitati se ecclesiae subdi auxiliante Domino cupiverunt […])22.
Nello stesso anno il papa esaudì la richiesta del metropolita per l’invio di reliquie di san Paulus apostolo e dei santi Iohannes e Pancratius: Lator praesentium Eventius diaconus fraternitatis vestrae 23 nobis inter alia intimavit sibi a vobis iniunctum ut reliquias beati Pauli apostoli sed et beatorum Iohannis et Pancratii per eum ad vos dirigere deberemus (Greg. I Reg. epp. IX, 184).
L’ultima lettera dell’epistolario gregoriano che fu inviata a Constantius riguardò ancora una volta un’accusa, relativa alla condotta di un vescovo di nome Pompeus, tuttavia riguardo al quale in precedenza era stata formulata l’innocenza e per il quale il pontefice richiese dunque una disamina più attenta del caso (Greg. I Reg. epp. X, 11).
Secondo quanto attestato in una missiva datata al settembre dell’anno 600 Constantius non era più in vita: Quantum nos de obitu fratris et coepiscopi nostri Constantii maeror afficiat, paginali explere locutione non possumus (Greg. I Reg. epp. XI, 6).
1 Il periodo di episcopato di Constantius è stato variamente stimato nel corso degli anni dagli studiosi, inizialmente basandosi sull’attestazione relativa alle prime liste episcopali si sostenne addirittura che la carica fu rivestita per un periodo di diciotto anni: Constantius mediolanensis archiepiscopus XXXIIII, anno Domini DC, sedit annis XVIII, confirmatus fuit per Honorium papam, qui sedit annis XII in civitate Ienua habitavit propter metum regiminis longobardorum – cfr. E. Cattaneo, Cataloghi e biografie dei vescovi di Milano. Dalle origini al secolo XVI, Milano 1982, pp. 92 s., n. 34. Un esame più attento dell’epistolario di Gregorio Magno permise infine di datare l’episcopato di Constantius all’intervallo cronologico 593-600.
2 Cfr. E. Cattaneo, Cataloghi e biografie dei vescovi di Milano. Op. cit.
3 Mi limito al riferimento prosopografico in PCBE II/2, s.v. Laurentius 52, pp. 1257 s.: vescovo di Mediolanum tra il 573 e il 593.
4 Cass. Var. II, 29: Adilae v.s. comiti Theodericus rex. […] Et ideo beatissimi viri Eustorgii episcopi sanctae Mediolanensis ecclesiae petitione permoti praesentibus te affatibus ammonemus, ut praediis vel hominibus illius ecclesiae intra Siciliam constitutis tuitionem studeas salva civilitate praestare […]. PLRE II, s.v. Adila 2, p. 9.
5 Anche quanto ricordato in Greg. I Reg. epp. XII, 14 avvalora la tesi che Constantius disponesse di una propria cospicua fortuna prima di divenire vescovo: Gregorius Deusdedit episcopo Mediolanensi. Nulli est dubium quia, sicut sacerdotibus res in episcopatum acquisitas nulla est aliendandi licentia, ita de eis quas ante habuerint quicquid iudicare voluerint, non vetantur. Itaque fraternitatem tuam tempore quo ad nos fuit questam recolimus, quod quaedam immobilia quae Constantius decessor vester Luminosae ancillae Dei filiae fratris sui testamenti serie legati titulo dereliquit iam episcopus acquisisset […].
6 PCBE II/2, s.v. Magnus 3, pp. 1351 s.
7 Esiste una mole notevole di bibliografia in merito , per cui sarebbe impossibile menzionarla in modo esaustivo, in questa sede mi limito a segnalare che l’ipotesi di elezione di Constantius a Mediolanum fu sostenuta subito dai curatori dell’epistolario di Gregorio I nell’edizione MGH, P. Ewald, L.M. Hartmann (Berlino 1887) e efficacemente analizzata dallo studioso C.G. Mor, Scritti di storia giuridica altomedievale, Pisa 1977, pp. 550-554.
8 Per l’attenzione riservata alla gerarchia ecclesiastica nell’epistolario di Gregorio I vedasi Ch. Pietri, Clercs et serviteurs laics de l’Église romaine au temps de Grégoire le Grand, in AA. VV., Grégoire le Grand. Colloques internationaux du CNRS, Parigi 1986, pp. 107-122. I suddiaconi in particolare furono impiegati, funzionari con incarichi di notarii, defensores.
9 PCBE I/2, s.v. Iohannes 82, p. 1110.
10 PLRE III/2, s.v. Romanus 7, pp. 1092 s.: esarco d’Italia tra il 589/590 e il 596/597.
11 ODC, s.v. pallium, p. 1211: Il pallio, mantello di lana bianca posto sulle spalle, esprimeva per il diritto ecclesiastico il potere che il metropolita possedeva per legge sulla propria provincia; doveva essere richiesto entro tre mesi dalla consacrazione o dalla designazione di un nuovo metropolita (can. 437). In epoca tardo antica derivò il suo valore dalle insegne imperiali e fu indossato dagli arcivescovi oppure da prelati che si distinsero particolarmente.
12 Id., s.v. Three Chapters, the, pp. 1619 s.
13 Per l’identificazione dei tre vescovi suffraganei possiamo ricavare ulteriori elementi dallo stesso epistolario, uno fu senz’altro Anastasius, vescovo di Brixia (od. Brescia), che richiese una dichiarazione scritta a Constantius a conferma del suo rifiuto a condannare i Tre Capitoli (Greg. I Reg. epp. IV, 37), un altro potrebbe essere il vescovo di Comum, Gausoaldus, considerando che in una lettera del luglio 599 di Gregorio I a Constantius fu fatto riferimento a un allontanamento del clero comense dal metropolita, per la durata di sei anni (Greg. I Reg. epp. IX, 186). E. Cattaneo, Missionari orientali a Milano nell’età longobarda, “Archivio storico lombardo” XC (1963), p. 223 analizzò attentamente la questione dei vescovi suffraganei e propose che, in ogni caso, tutti e tre si sarebbero radunati a Brixia in quell’occasione.
14 PLRE III/2, s.v. Theodelinda, pp. 1235 s.: regina dei Longobardi tra il 589 e il 616, sposa di Autari nel 589, dopo la morte dello stesso nell’anno seguente si unì in matrimonio con Agilulfo e divenne madre di Adaloaldo e Gundeberga.
15 Peraltro è proprio all’ultimo decennio del secolo VI e agli inizi del secolo VII che va fatta risalire una rottura politico-territoriale, di cui si ha riflesso anche nell’organizzazione ecclesiastica. La Chiesa si trovò costretta a coniugare gerarchia e amministrazione, sviluppando un apparato burocratico che fosse in grado di affrontare anche problematiche di natura politico-economica – cfr. G.C. Mor, I poteri civili del vescovo fra IV e VIII sec., in G.C. Mor, H. Schmidinger, I poteri temporali dei vescovi in Italia e Germania nel medioevo, Bologna 1979, pp. 7-29; A.M. Orselli, L’idea e il culto del santo patrono cittadino nella letteratura cristiana antica. Genesi e sviluppo nel VI e VII secolo di una nuova tendenza cultuale: il patrocinio del vescovo, in AA. VV., L’immaginario religioso della città medievale, Ravenna 1985, pp. 3-181.
16 In un’altra epistola a Constantius Gregorio I chiarì la propria posizione riguardo al dogma, dichiarando esplicitamente di attenersi alle risoluzioni del quarto sinodo ecumenico in Chalcedon, senza considerare rilevante quanto affermato nella successiva: Ego tamen nominata inter nos neque verbo neque scripto tria capitula recolo. […] Nos enim, auctore Veritate, teste conscientia, fatemur fidem sanctae Chalcedonensis synodi illibatam per omnia custodire nihilque eius definitioni addere, nihil subtrahere audere (Greg. I Reg. epp. IV, 3).
17 L’epistola che Gregorio I affidò a Constantius per la regina Teodelinda in realtà non venne consegnata, poiché vi era un esplicito riferimento al sinodo costantinopolitano del 553 (Greg. I Reg. epp. IV, 4), Gregorio I dunque, informato da Constantius della mancata consegna, ne scrisse una nuova stesura nel luglio dello stesso anno, nella quale rimarcò la totale adesione alle risoluzioni del sinodo calcedonense: Gregorius Theodelindae reginae Langobardorum. […] Nos enim veneramur sanctas quattuor synodos: Nicenam, in qua Arrius, Constantinopolitanam, in qua Macedonius, Ephesinam primam, in qua Nestorius atque Dioscorus, Chalcedonensem, in qua Eutyches damnatus est, profitentes quia quisquis aliter sapit quam hae quattuor synodi a fide veritatis alienus est. Damnamus autem quoscumque damnant et quoscumque absoluunt absoluimus […] (Greg. I Reg. epp. IV, 33).
18 Ulteriore esempio di richiesta al metropolita in merito a sorveglianza disciplinare si legge in Greg. I Reg. epp. V, 18: Si lapsis ad suum ordinem revertendi licentia concedatur, vigor canonicae procul dubio frangitur disciplinae […]. I lapsi nell’opera di Gregorio I furono coloro che commisero qualche delitto, dal quale avrebbero potuto dirimersi soltanto dopo pubblica penitenza (Du Cange V, s.v. lapsi, p. 29). Parimenti nella stessa epistola Gregorio I si meravigliò ed esortò alla prudenza Constantius per il trattamento che il vescovo sembrò sostenere nei confronti di un nobile, Fortunatus, che sostenne di essere stato accusato senza nemmeno aver potuto ricorrere a un difensore: Nam dum illic se praedictus Fortunatus violentiam sustinere nec defensores in auxilium invenire potuisse commemorat, quid aliud nisi vestram attingit invidiam?.
19 Cfr. S. Acerbi, La società ecclesiastica nell’Italia del VI secolo: clericalis ordo e scrinia apostolica attraverso l’epistolario di Papa Gregorio Magno, in “Hispania Sacra” 48 (1996), pp. 541-560.
20 PLRE III/1, s.v. Ioannes 113, p. 684: vicarius praefecti praetorio Italiae nel 599.
21 PCBE II/2, s.v. Marinianus 4, pp. 1401-7: arcivescovo di Ravenna dal 590 al 603.
22 Gregorio I in questa lettera chiese a Constantius di intervenire anche presso l’esarco d’Italia Callinicus, in modo che fossero prese anche apposite disposizioni di legge a protezione di coloro che avevano rinunciato allo scisma. Seguì infatti un’epistola di Gregorio I direttamente a Callinicus (Greg. I Reg. epp. IX, 155) e ulteriore missiva, nel maggio del 599, a Marinianus in Ravenna perché fosse presa una decisione unanime insieme a Constantius in merito al caso di Maximus, vescovo di Salona (Greg. I Reg. epp. IX, 156).
23 PCBE II/1, s.v. Eventius 4, pp. 670 s.: diacono della Chiesa di Mediolanum.
Sono ignote le motivazioni che lo condussero alla corte imperiale, ma egli stesso fece menzione della sua missione in un’epistola nella quale ricordò che insieme a lui fu presente Constantius, che si comportò in maniera assolutamente diligente, se prestiamo fede alle parole del pontefice: Et cum in urbe regia responsa sedis apostolicae facerem, (Constantius: nominato in precedenza) longo mihi tempore adhaesit, sed nihil in illo umquam, quod reprehendi passim potuisset, inveni (Greg. I Reg. epp. III, 29).
L’espressione responsa facĕre designa direttamente l’attività dell’apocrisario, termine che nel latino pre-medievale fu indicato anche come “ad responsum”, dunque non allusivo necessariamente alla funzione di rappresentanza del pontefice, avrebbe potuto implicare anche altre mansioni.
Il riferimento esplicito alla presenza di Constantius, benché non sia definito dal punto di vista temporale (longo tempore), lascia adito a numerose ipotesi, fra le quali, seppur indimostrabile, il fatto che Constantius avesse svolto il ruolo di accompagnatore-traduttore, essendo ormai dimostrato che Gregorio I ebbe una scarsissima se non nulla conoscenza della lingua greca2.
1 EI III, s.v. Apocrisario, pp. 663 s.: il termine fu utilizzato in origine per indicare in modo generico un intermediario tra due persone distanti, in età imperiale divenne una carica di funzionari imperiali, cui spettava il compito di consegnare i rescritti imperiali nelle province. La stessa carica fu introdotta anche all’interno della gerarchia ecclesiastica e probabilmente fu papa Leone Magno (440-461) il primo ad inviare a Constantinopolis un apocrisario con incarico speciale di trattare gli affari della Chiesa romana. Dall’epoca giustinianea i papi mantennero al proprio servizio un apocrisario permanente, in genere un diacono. I compiti a loro destinati non implicarono soltanto ambascerie alla corte imperiale, ma anche la partecipazione al giudizio di cause ecclesiastiche e in vece di rappresentanti del pontefice a concili ecclesiastici, dopo opportuna delega pontificia. Gli apocrisarî, in ambito religioso, furono denominati in seguito “legati a latere” e infine nunzî apostolici.
2 Cfr. G.J.M. Bartelink, Pope Gregory the Great’s Knowledge of Greek, in J.C. Cavadini (a c. di), Gregory the Great: a symposium, Londra 1995, pp. 117-136. Lo studioso in particolare sottolineò che Gregorio I in qualità di apocrisario avrebbe potuto servirsi di persone incaricate di tradurre dal greco al latino oppure di interpreti (p. 120).
Index nominum – Index rerum sacrarum – Index geographicus – Index rerum notabilium
Index nominum
Arrius | Greg. I Reg. epp. IV, 33; |
Callinicus (exarchus) | Id. IX, 155; |
Constantius (episcopus) | Greg. I Reg. epp. I, 80, III, 29-31, IV, 1-3, 22, 33, 37, V, 18, VII, 14, VIII, 10, IX, 104, 149, 156, 184, 186, 235, X, 11, XI, 6, XII, 14; |
Deusdedit (episcopus) | Greg. I Reg. epp. XII, 14; |
Dioscorus | Id. IV, 33; |
Eutyches | Ivi; |
Eventius (diaconus) | Id. IX, 184; |
Fortunatus | Id. V, 18; |
Gregorius (papa) | Greg. I Reg. epp. I, 80, III, 29-31, IV, 1-3, 22, 33, 37, V, 18, VII, 14, VIII, 10, IX, 104, 149, 156, 184, 186, 235, X, 11, XI, 6, XII, 14; |
Honorius (papa) | Cataloghi e biografie dei vescovi di Milano, pp. 92 s., n. 34; |
Iohannes (subdiaconus) | Greg. I Reg. epp. III, 30; |
Iohannes (vicarius praefecti) | Id. IX, 104; |
Iohannis (beatus) | Id. IX, 184; |
Yppolitus (clericus) | Id. III, 29; |
Langobardi | Id. IV, 2; |
Laurentius (episcopus) | Id. III, 30; |
Luminosa | Id. XII, 14; |
Macedonius | Id. IV, 33; |
Magnus (presbyter) | Id. III, 29; |
Marinianus (episcopus) | Id. epp. IX, 149, 156; |
Maximus (episcopus) | Ivi; |
Nestorius | Greg. I Reg. epp. IV, 33; |
Pancratius (beatus) | Id. IX, 184; |
Paulus (apostolus) | Ivi; |
Pompeus | Greg. I Reg. epp. X, 11; |
Romanus (exarchus) | Id. III, 31; |
Theodelinda (regina) | Id. epp. IV, 2, 33. |
Index rerum sacrarum
ancilla Dei | Greg. I Reg. epp. XII, 14; |
clerus | Id. III, 30; |
communio | Id. IV, 2; |
conscientia | Id. IV, 3; |
damnatio | Id. IV, 2; |
definitio | Id. IV, 3; |
Deus | Id. I, 80, IV, 1; |
diaconus | Id. III, 29.30; |
disciplina canonica/ ecclesiastica | Id. IV, 22, V, 18; |
ecclesia (sancta Romana / universalis) | Id. I, 80, III, 29.30, IV, 2, IX, 149; |
episcopus / episcopatus | Id. IV, 2, XI, 6, XII, 14; |
fides sancta | Id. III, 29, IV, 3, 33; |
fraternitas | Id. IV, 1.2, IX, 184, XII, 14; |
habitus ecclesiasticus | Id. VIII, 10; |
ius sancta | Id. I, 80; |
monasterium | Id. VIII, 10; |
ordinatio | Id. IV, 1; |
ordo | Id. V, 18; |
pallium | Id. IV, 1; |
religio | Id. IV, 22; |
reliquia | Id. IX, 184; |
sacerdos | Id. IV, 2, XII, 14; |
sacra missarum sollemnia | Id. IV, 1; |
sanctitas | Id. VII, 14; |
sedis apostolica | Id. III, 29, IV, 2; |
synodus (sancta) | Id. IV, 3, 33; |
tria Capitula | Id. IV, 2.3; |
Veritas | Id. IV, 3, 33. |
Index geographicus
Chalcedonensis (< Chalcedon) | Greg. I Reg. epp. IV, 3, 33; |
Constantinopolitana (< Constantinopolis /urbs regia) | Id. III, 29, IV, 33; |
Ephesina (< Ephesus) | Id. IV, 33; |
Genua / Ienua (civitas) | Greg. I Reg. epp. III, 30; Cataloghi e biografie dei vescovi di Milano, pp. 92 s., n. 34; |
Histria | Greg. I Reg. epp. IX, 149; |
Italia | Id. III, 31; |
Lunenses (< Luna) | Id. IV, 22; |
Mediolanensis (< Mediolanum) | Greg. I Reg. epp. III, 30, XII, 14; Cataloghi e biografie dei vescovi di Milano, pp. 92 s., n. 34; |
Nicena (< Nicaea) | Greg. I Reg. epp. IV, 33; |
Ravenna | Id. IX, 149; |
Sicilia (provincia) | Id. I, 80. |
Index rerum notabilium
cautio | Greg. I Reg. epp. IV, 2; |
consensus | Id. III, 29; |
defensor | Id. V, 18; |
dilatio | Id. IV, 22; |
examen | Id. I, 80; |
exactio | Ivi; |
electio | Greg. I Reg. epp. III, 30; |
epistula | Id. III, 29, IV, 2, IX, 149; |
filia | Id. IV, 2, XII, 14; |
frater | Id. XII, 14; |
genius | Id. IV, 1; |
honos | Ivi; |
humilitas | Ivi; |
imperator piissimus | Id. VIII, 10; |
invidia | Id. V, 18; |
iustitia | Id. III, 31; |
lapsi | Id. V, 18; |
lator | Id. IX, 149, 184; |
lex | Id. VIII, 10; |
legatus | Id. XII, 14; |
licentia | Id. V, 18, XII, 14; |
militia | Id. VIII, 10; |
negotium | Id. I, 80; |
obtrectatio | Id. VII, 14; |
obitus | Id. XI, 6; |
patrimonium | Id. I, 80; |
pecunia | Ivi; |
periculum | Id. VIII, 10; |
portitor | Id. III, 29; |
praefectura urbana | Id. IV, 2; |
ratio | Id. VIII, 10; |
regimen | Cataloghi e biografie dei vescovi di Milano, pp. 92 s., n. 34; |
relatio | Greg. I Reg. epp. III, 30, IV, 22; |
responsum (facĕre) | Id. III, 29; |
rumor | Id. VII, 14; |
scissura | Id. IV, 2; |
solacium | Id. III, 31; |
subscriptio | Id. III, 29; |
testamentum | Id. XII, 14; |
titulus | Ivi; |
unitas | Id. IV, 2, IX, 149; |
utilitas subditorum | Id. VII, 14. |
Bartelink 1995 = Gerhardus Johannes Marinus Bartelink, Pope Gregory the Great’s Knowledge of Greek, in J.C. Cavadini (a c. di), Gregory the Great: a symposium, Londra 1995, pp. 117-136.
Cattaneo 1963 = Enrico Cattaneo, Missionari orientali a Milano nell’età longobarda, “Archivio storico lombardo” XC (1963), pp. 216-245.
Mor 1977 = Carlo Guido Mor, Scritti di storia giuridica altomedievale, Pisa 1977, pp. 535-593.
Mor 1979 = Carlo Guido Mor, I poteri civili del vescovo fra IV e VIII sec., in G.C. Mor, H. Schmidinger, I poteri temporali dei vescovi in Italia e Germania nel medioevo, Bologna 1979, pp. 7-29.
Orselli 1995 = Alba Maria Orselli, L’idea e il culto del santo patrono cittadino nella letteratura cristiana antica. Genesi e sviluppo nel VI e VII secolo di una nuova tendenza cultuale: il patrocinio del vescovo, in AA. VV., L’immaginario religioso della città medievale, Ravenna 1985, pp. 3-181.
Pietri 1986 = Charles Pietri, Clercs et serviteurs laics de l’Église romaine au temps de Grégoire le Grand, in AA. VV., Grégoire le Grand. Colloques internationaux du CNRS, Parigi 1986, pp. 107-122.