La più antica cura imperiale che da condizione eccezionale divenne permanente fu quella relativa al curator viarum. Si trattò di diretti rappresentanti dell’imperatore, a partire da Augusto, incaricati di provvedere alla manutenzione delle maggiori arterie di comunicazione uscenti da Roma e dirette verso i confini, ebbero il compito anche di stipulare i contratti di appalto, vietare o permettere occupazioni del suolo insistente sulle vie di pertinenza, giudicare eventuali casi di contravvenzione. Tra le tre tipologie di commissarî speciali utilizzati nell’amministrazione municipale vi furono anche i curatores operum publicorum, ovvero coloro che si occuparono di presidiare l’esecuzione di opere pubbliche per conto dell’imperatore in diverse cittadine. Questi magistrati operarono solitamente all’interno di comitati di senatori, in carica per periodi indefiniti. Il principato augusteo, soprattutto grazie all’intraprendenza del fidato generale, Marcus Vipsanius Agrippa, inaugurò anche una nuova gestione dell’acqua pubblica. Agrippa assunse per primo l’incarico di curator aquarum e si occupò della promozione e controllo nella costruzione di nuovi acquedotti, coordinando un apposito corpo di tecnici specializzati. Da quel momento fu istituita ufficialmente la magistratura di curator aquarum, responsabile della vigilanza e della programmazione degli interventi manutentivi della rete idrica (Front. de aquaed. 98). Parallelamente l’imperatore Augusto costituì anche il curator alvei Tiberis et riparum et cloacarum Urbis, la magistratura coinvolta nella pulizia e sorveglianza del fiume principale che scorreva e scorre in Roma, il Tiber, oltre che dedicata alla gestione e controllo del sistema fognario cittadino (Svet. vita Aug. XXXVII).