L’imperatore Tiberio (14-37), alla morte dell’ultimo re nel 17, stabilì l’annessione della Cappadocia all’Impero, come provincia di statuto imperiale affidata a un governatore di rango equestre (Tac. ann. II, 42,4: regnum in provinciam redactum est; Dio Cass. LVII 17,7: […] καὶ Καππαδοκία τῶν τε Ῥωμαίων ἐγένετο καὶ ἱππεῖ ἐπετράπη). Alla Cappadocia fu annessa l’Armenia Minor (Dio Cass. LIV 9,2). Nonostante la provincializzazione, l’area rimase suddivisa in undici unità territoriali, dette strategiae1.
L’organizzazione amministrativa mutò nell’arco di breve tempo, agli inizi dell’impero di Nerone (54-68) furono unite sotto il controllo di un unico legato consolare la provincia equestre di Cappadocia e la provincia pretoriana di Galatia. Tuttavia, giacché l’unione sorse soltanto per fronteggiare la minaccia militare partica, nel 66/67 le due province furono nuovamente scisse e ritornarono alla condizione originaria.
I Parti tornarono presto a insidiare il confine orientale e durante l’impero di Vespasiano (69-79) si stabilì l’insediamento permanente della legio XII Fulminata nel sito fortificato, poi municipium traianeo, di Melitene (od. Eski Malatya, in Turchia meridionale)2. La presenza di una legione impose anche la transizione dell’autorità sulla provincia da un procuratore equestre a un legato imperiale, ovvero a un legatus Augusti pro praetore (Svet. Vita Vesp. VIII, 4: Cappadociae propter adsiduos barbarorum incursus legiones addidit (Vespasianus), consularemque rectorem imposuit pro eq(uite) R(omano))3. Dall’impero di Adriano (117-138) il legato, delegato al governo della Cappadocia, esercitò la propria autorità anche sulla Galatia, la Paphlagonia, il Pontus Galaticus e Polemoniacus, l’Armenia Minor.
Il secolo II segnò l’inizio di una serie di opere di costruzione e rinforzo del limes lungo l’Euphrates, nel 198 fu interamente ricostruita e fortificata la via che metteva in comunicazione Caesarea (od. Kayseri, nella Turchia centrale), città che in epoca tarda sarà la più popolosa e più importante della provincia, con Comana a sud-est e con Melitene , al confine con il territorio armeno. La dinastia dei Severi perseverò nella politica di potenziamento del limes; numerosi dati provenienti dalla numismatica relativa alla zecca di Caesarea, datati alla metà del secolo III, attestano una fiorente opera di finanziamento per il mantenimento dell’assetto viario che attraversava a nord e a sud la provincia in direzione orientale.
L’amministrazione romana in età imperiale conservò il pre-esistente apparato burocratico centralizzato e la maggior parte dei territori che furono possedimenti dei sovrani ellenistici divennero terreni demaniali. Le poleis fondate già nell’epoca pre-romana (Archelais, Tyana, Caesarea, Melitene, Parnassus, Nyssa) preservarono la loro autonomia governativa in epoca imperiale, ottenendo nella maggioranza dei casi ulteriori privilegi: Archelais e Tyana divennero colonie romane, Melitene acquisì lo statuto di municipium.
Con la riorganizzazione provinciale promossa dall’imperatore Diocleziano (284-305) la Cappadocia venne divisa in due parti, una occidentale che conservò la denominazione originaria e una piccola sezione di territorio orientale che fu annessa all’Armenia Minor e che entro la fine del secolo IV andò a costituire la provincia di Armenia II, comprendente le città di Comana e Melitene, già considerate come snodi militari strategici lungo le vie di comunicazione.
La Cappadocia, privata così della sua porzione orientale, fu sottoposta a un’ulteriore bipartizione voluta dall’imperatore Valente (364-378), meno di un secolo dopo, nel 371/372 vennero infatti costituite in essa due province, la Cappadocia I e II, la Prima (I) con capitale Caesarea, l’altra (II) che ebbe prima come centro principale il villaggio di Podandus, poi capitale ufficiale Tyana.
La strutturazione ecclesiastica della provincia ricalcò parzialmente questa configurazione; fin dal secolo III soltanto da Caesarea provennero attestazioni di una presenza vescovile4. Nel secolo successivo le testimonianze invece sembrarono moltiplicarsi, Gregorius, nel 328 primo vescovo ricordato di Nazianzus, villaggio centro anatolico, fu il padre del più noto Padre della Chiesa, il Gregorius di Nazianzus che nacque proprio nel 328 e permise lo sviluppo della comunità locale.
I fratelli Basilius, l’altro determinante teologo coevo di Gregorius e futuro vescovo di Caesarea, e Gregorius, vescovo di Nyssa, nacquero rispettivamente nel 329 e nel 340, cresciuti in un contesto familiare già profondamente radicato nella cristianità. I tre religiosi furono ricordati come i “Padri Cappadoci”, il loro apporto fu rilevante non soltanto per le opere dogmatiche ed esegetiche che realizzarono, ma poiché intervennero anche in modo concreto nello sviluppo sociale e religioso delle aree rurali centro anatoliche, promossero la costruzione di nuovi edifici religiosi e incentivarono la circolazione di sacre reliquie5. In particolare Basilius compì una vasta attività istituzionale di organizzazione della gerarchia ecclesiastica locale6, elaborò una regola monastica che divenne fondamento per l’intero movimento monastico cenobitico orientale nei secoli successivi7 e operò sempre nel tentativo di creare la massima coesione fra le Chiese orientali, instaurando a tal fine anche stretti rapporti epistolari con i maggiori e contemporanei vescovati occidentali, fra i quali in primis quello del mediolanense Ambrosius (374-397).
Nel complesso il secolo IV, come si evince dalle stesse opere dei “Padri Cappadoci”, fu un periodo di crescita economica per la provincia, che fu soltanto lievemente frenato nel secolo successivo a causa delle incursioni di Isauri e di Unni, che richiesero un’onerosa opera di fortificazione di tutte le aree limitari perdurata fino all’epoca giustinianea. In particolare nel secolo VI numerosi furono gli interventi di riqualificazione edilizia in Caesarea, oltre alla costruzione del sito fortificato di Mokissos / Iustinianoupolis, poco distante dalla città. Tuttavia ciò non risultò sufficiente a fronte della potenza persiana, che nel 575 invase e si appropriò della città armena di Sebasteia (od. Sivas, nella Turchia centro orientale) e nel 611 conquistò anche Caesarea.
[3] Tra i primi esempi di legato imperiale attestati si rimanda a una delle schede inserite in questa prosopografia: L. Statorius Secundus. Cfr. anche B. Rémy, L’évolution administrative de l’Anatolie, Parigi 1986, p. 74, tab. 3, n. 167.
[4] ODC, s.v. Firmilian, St., p. 613: vescovo di Caesarea dal 230 circa al 268, anno della morte. Seguace della dottrina origeniana, nel 264 presiedette il primo concilio ecclesiastico provinciale in Antiochia, convocato per giudicare il caso di Paulus di Samosatas, ritenuto eretico giacché aderente al monarchianismo, un’eresia secondo cui la parola fu soltanto un attributo del Padre, espressione della sua δύναμις.
[5] Un esempio si ritrova anche nella prosopografia, se si considera il caso della missiva che s. Basilius inviò a Ambrosius in Mediolanum (ep. 197) per la restituzione delle sacre spoglie del vescovo Dionysius.
[6] Basilius esercitò la giurisdizione metropolitica su i vescovi di tutte le città della Cappadocia I e la giurisdizione episcopale su Caesarea, sotto il suo controllo con buona probabilità vi fu un numero molto alto di chorepiscopi come indicato da Gregorius Nazianzenus (Greg. Naz. carm. de vita sua, vv. 447 s.), tuttavia si trattò sicuramente soltanto di coloro che operarono nelle regioni territoriali circostanti Caesarea.
[7] Oltre alle canoniche fondazioni monastiche sorsero tra i secoli IV e V ampli complessi basilicali con edifici sacri annessi, che costituirono quasi piccoli villaggi a sé stanti, oltre alla Basileias appena fuori da Caesarea, uno degli esempi più studiati è il complesso sviluppatosi a partire dal 375 in Cilicia Tracheia, nei pressi di Seleucia ad Calycadnum intorno al martyrium di s. Thecla, donna di Iconium convertita da s. Paulus.