In effetti lo studio della documentazione più antica riguardante il territorio bergomense evidenzia una certa disomogeneità sia geografica sia storica, in particolare si presentano tre situazioni contingenti: una permanenza delle culture pre-romane in area pre-alpina e alpina, romanizzate soltanto in epoca augustea; una fase antichissima di sviluppo dell’attuale centro urbano risalente addirittura all’epoca golasecchiana (secolo V a.C.), ma totalmente romanizzato già nel secolo II a.C. e infine l’area di pianura menzionata in apertura, caratterizzata da numerosi nuclei insediativi sparsi precedenti all’epoca romana, romanizzata tra i secoli I a.C. e I d.C.
La conclusione del processo di romanizzazione nel secolo I a.C. sull’intero territorio comportò anche interventi di centuriazione che modificarono anche parzialmente l’assetto economico; dal punto di vista istituzionale Bergomum (od. Bergamo) si organizzò come gli altri municipia dell’area transpadana, ponendo al vertice dell’amministrazione due coppie di magistrati eletti annualmente: i quattuorviri iure dicundo e i quattuorviri aedilicia potestate, coadiuvati nel governo della città da un consiglio dei membri più illustri dell’élite municipale, l’ordo decurionum, e dai curatores rei publicae, ovvero uomini appartenenti a ceto equestre o senatorio provenienti da città vicine, addetti al controllo delle decisioni amministrative in materia patrimoniale e finanziaria.
L’assunzione delle più alte responsabilità di politica economica da parte dei curatores fu un’acquisizione ottenuta sotto l’impero di Traiano (98-117) e un cavaliere che acquisì tale dignità in Otesia (località a est dell’odierna città di Modena) proprio in quegli anni riuscì a percorrere una notevole carriera di alto funzionario militare, che lo portò a comandare una coorte destinata alla lontana provincia romana di Iudaea nei turbolenti ultimi anni del secolo I, si trattò del bergomense praefectus cohortis I Damascenorum, Caius Cornelius Minicianus.
Le milizie romane attraversarono spesso il territorio bergomense; le uniche tracce viarie individuate nel contesto locale furono infatti due vie a uso militare considerate da tutti i principali itinerari antichi conosciuti: la via che da Aquileia conduceva alla Retia II (od. Svizzera)2, attraverso le alte valli bergomensi, e la via di collegamento tra Brixia e Mediolanum, attraverso la bassa pianura.
Anche in Bergomum i tre principali collegi di mestiere, collegia fabrum, centonarium, dendrophorum, sono attestati dall’epigrafia, che ne ricordò soprattutto i patroni; la più celebre è l’iscrizione onoraria per Publius Marius Lupercianus (CIL V, 5128) che fu patronus di tutti e tre i collegi.
Tra i secoli I e II si intrecciarono fitti rapporti commerciali con il contesto aquileiese, come documentarono i rinvenimenti di prodotti di provenienza alto adriatica e tali legami si rafforzarono ulteriormente dal secolo IV, quando Bergomum fu inserita nella giurisdizione della X Regio di Venetia et Histria.
In particolare a partire dal secolo III le scoperte numismatiche attestarono la presenza nell’ager bergomensis di monete in bronzo coniate dalle zecche provinciali orientali, è possibile che la loro diffusione fosse correlata a una precisa circolazione di uomini oltre che di merci3.
Risalirebbe alla prima metà del secolo III la vicenda brevemente ricordata dall’epigrafia del gladiatore trace Pinnensis, che fu celebrato per la vittoria in un combattimento in Bergomum contro un avversario retico.
La tarda antichità comportò trasformazioni rilevanti soprattutto nell’assetto urbano del capoluogo, sia per quanto concerne la suddivisione degli spazi sia per la loro destinazione d’uso; al centro dell’oppidum antica sorse il primo complesso episcopale, intorno alla metà del secolo IV.
Pare che il primo vescovo di Bergomum si chiamasse Narnus e assunse l’incarico intorno al 325, essendo oltre tutto originario del territorio bergomense, dalla Valle Larna o dall’attuale paese di Ogna, in Valle Seriana; risalirebbero invece al secolo V i resti di una basilica a tre navate scoperti presso la zona dell’attuale duomo al centro della parte alta della città4.
Anche nelle campagne locali furono trovate numerose lapidi paleocristiane, databili a un intervallo compreso tra i secoli V e VI5.
1 Cfr. R. Poggiani Keller, Cenni ai ritrovamenti gallici nella pianura bergamasca, in M. Fortunati, R. Poggiani Keller (a c. di), Storia economica e sociale di Bergamo. Dalla preistoria al Medioevo. I/1, Bergamo 2007, pp. 208-217.
2 Traccia di questo collegamento viario di età romana, corrispondente al tratto Bergomum-Comum, si rinviene oggi anche nei ponti del Tarchino sul torrente Tornago, nel territorio di Almenno S. Bartolomeo e “della Regina” in Almenno S. Salvatore, entrambi in provincia di Bergamo, che gli archeologici ritennero fossero stati costruiti in epoca traianea – cfr. R. Poggiani Keller (a c. di), Carta archeologica della Lombardia. II. La provincia di Bergamo, Schede, Modena 1992, pp. 38 s., n. 18/20.
3 Cfr. E.A. Arslan, Le vicende della circolazione monetaria, in in M. Fortunati, R. Poggiani Keller (a c. di), Storia economica e sociale di Bergamo. Op. cit., p. 329.
4 Cfr. A. Pesenti, L’organizzazione diocesana, in P.M. De Marchi, L. Pagani (a c. di), Le fasi antiche del territorio. La Lombardia Orientale tra Adda e Oglio, Bergamo 2003, pp. 45-48.
5 Esempio studiato di un’epigrafe sepolcrale cristiana attribuita al secolo VI, rinvenuta nel territorio di Ghisalba in provincia di Bergamo nel secolo XVIII, in R. Poggiani Keller (a c. di), Carta archeologica della Lombardia. Op. cit., p. 88, n. 330.