Ticinum tuttavia non fu caratterizzata da una vivace situazione di mobilità sociale, nemmeno nel periodo nel quale si completò la sua romanizzazione, ovvero in età augustea, gli studi demografici dell’epoca romana della cittadina, fondati sulle attestazioni epigrafiche, riferiscono infatti una presenza pari al 79% di ingenui, 19% di liberti e 2% di schiavi2.
Ticinum svolse fino al secolo V una funzione che oggi definiremmo di “satellite” nei confronti di Mediolanum 3, specialmente quando quest’ultima fu scelta come sedes regia nel 286, rappresentò sempre la sede più idonea a ospitare le milizie in transito per il territorio transpadano e in essa si formarono, specialmente fra il 50 e il 150, funzionari militari del grado più elevato.
Uno fra questi fu Caius Minicius Fundanus, originario di Ticinum e amico stretto del noto scrittore e funzionario comasco Caius Plinius Caecilius Secundus, che esercitò gli incarichi di tribunus e legatus legionis in territorio orientale nel primo trentennio del secolo II, divenendo a coronamento della carriera proconsul Asiae, governatore quindi di una delle aree di maggiore criticità e responsabilità nell’Impero. Più volte il suo nome è rintracciabile nelle fonti del periodo, poiché coinvolto nelle problematiche correlate all’amministrazione del territorio nelle prime fasi di diffusione del cristianesimo.
Ticinum riuscì nondimeno a sfruttare anche la sua notevole disponibilità idrica, che incrementò la possibilità di commerci e favorì la formazione dell’industria di lavorazione del lino4; si costituì anche un collegio di nautae (AÉ 1977, 327), ovvero battellieri, ma anche di navicularii, quindi proprietari di imbarcazioni, che sfruttarono il fiume Ticinus in particolare nei punti a breve distanza dalla confluenza con il fiume Padus5.
Attraverso questa principale via di comunicazione la cittadina riuscì ad instaurare un durevole rapporto commerciale con l’Adriatico e in diretta prosecuzione con le province orientali dell’Impero, in particolare con la Syria e Cyprus; spesso anche promuovendo lo scambio di prodotti pregiati, anche la produzione vetraria infatti svolse un ruolo non trascurabile nella Ticinum di età imperiale6.
Nel 274 la zecca di Mediolanum fu trasferita a Ticinum e la città divenne anche un importante centro per la produzione di armi, per tutto il secolo IV l’intero apparato burocratico-militare della corte imperiale risiedette in Ticinum 7. La possibilità di coniare moneta, che durante l’impero di Probo (276-282) sembrò divenire particolarmente rilevante, conferendo a Ticinum un ruolo prioritario in tutto il territorio italico settentrionale, fu tuttavia di breve durata, giacché l’imperatore Costantino I (306-337) ne ordinò la chiusura nel 326-7 (RIC VII, p. 349)8.
Nella seconda metà del secolo III, prima ancora che la zecca fosse trasferita, tra il 268 e il 270, nei pressi di Ticinum un usurpatore al titolo imperiale di origine dacica, Aureolus, comandante di un’armata di cavalleria acquartierata presso Mediolanum e responsabile della morte dell’imperatore Gallieno, avrebbe a sua volta trovato la morte per mano del successivo regnante, Claudio il Gotico (268-270), che disponeva di un comando di cavalleria stanziato a Ticinum9.
Se il secolo IV sembrò riservare pochi fatti di rilievo per la storia pavese, una svolta si ebbe con il trasferimento della sede imperiale da Mediolanum a Ravenna nel 402, quando si costituì come asse principale delle comunicazioni il percorso fluviale Ticinum-Ravenna; l’ascesa politico-economica di Ticinum da questo momento fu esponenziale.
Durante l’avanzata di Attila e dell’ampio contingente di Unni nella parte settentrionale della penisola alla metà del secolo V Ticinum fu uno dei pochi centri a non subire danni, probabilmente anche per l’ottima resilienza del tessuto sociale pavese.
Dal 466 al 496 la città fu a tutti gli effetti governata dal proprio vescovo Epiphanius, del quale ci ha lasciato testimonianza lo scrittore del secolo VI Ennodius che ne scrisse l’agiografia tra il 501-504; l’episcopo si distinse specialmente per il ruolo di abile mediatore di fronte alle esigenze di funzionari filobarbarici e filoromani.
L’esercito continuò a stazionare in Ticinum fino alla conclusione del secolo V e forse proprio per motivi militari giunserò in città tre membri di una famiglia originaria di Apamea (oggi presso Qalaat al-Madiq, in Siria), ricordati da un’iscrizione funeraria in greco datata al 471: i due fratelli Patricius e Paulus e forse il nipote, Petrus.
Si susseguirono momenti di criticità negli ultimi anni del secolo V, prima a seguito dello scontro per il potere assoluto tra il germanico Odoacer e il romano Orestes che si concluse con l’affermazione del secondo, ma anche con l’incendio della città di Ticinum; poi la città dovette subire gli assedi burgundi e rugi. Soltanto durante il regno dell’amalo Teoderico (493-526) i pavesi si sentirono protetti e costituirono una nuova identità filogermanica, propizia per una nuova fase di sviluppo.
Teoderico scelse di stabilire una sede del proprio regno in Ticinum, dove fece anche costruire il suo palatium e furono ricostruite le mura, le terme e un anfiteatro.
La dignità di come civitatis Ticinensis ovvero il governo della città riservato a sudditi goti fu ritenuto un onore rilevante nella prima metà del secolo VI e la città visse infatti ancora un periodo lungo di prosperità economica allora, lungo la riva del Ticinus sorsero i principali magazzini per il deposito delle derrate alimentari più significative per l’approvvigionamento del nord Italia: grano, vino, formaggio e carne per gli eserciti. Durante la guerra greco-gotica tornò predominante Mediolanum per le mire di riconquista bizantine, mentre Ticinum rimase ancora fedele a una resistenza gota.
In più occasioni Ticinum, attaccata prima dai Franchi nel 539 e poi ancora dai Bizantini, riuscì a preservarsi come sede del regno goto: Totila e Teia (541-553) riuscirono a difenderla e di nuovo la città divenne sede di una zecca, emettendo monete con anche una propria iconografia distintiva.
Dopo una breve parentesi di governo imperiale, alla fine del conflitto tra Goti e Bizantini, nel 572 Ticinum fu conquistata dai Longobardi e mutò denominazione in Papia, tornando nuovamente capitale di un altro regno.
1 Per una precisa descrizione dell’assetto viario pavese nell’antichità vedasi i più antichi, ma ancora fondamentali contributi di P. Fraccaro, Strade romane dell’agro pavese, “Bollettino della Società Pavese di Storia Patria” n.s. I (1946), pp. 7 s., P. Tozzi, Il territorio di Ticinum romana. La ricostruzione viaria di Ticinum, in AA.VV., Storia di Pavia. I. L’età antica, Pavia 1984, pp. 166-82 e il più recente M. Saporiti, Pavia, Oltrepò e Lomellina, in A. Rognoni (a c. di), Geostoria della civiltà lombarda: dall’antichità al Medioevo, Milano 2013, pp. 239 s. Strabone riferì esattamente la distanza di trentasei miglia tra Placentia e Ticinum: ὑπὲρ δὲ Πλακεντίας ἐπὶ μὲν τοὺς ὅρους τῆς Κοττίου γῆς Τίκινον ἐν τριάκοντα ἓξ μιλίοις πόλις […].
2 Cfr. U. Agnati, Epigrafia, diritto e società: studio quantitativo dell’epigrafia latina di zona insubre, Como 1997, p. 169.
3 Ticinum distava tra le venti e le ventidue miglia da Mediolanum, come attestato rispettivamente nell’Itinerarium Burdigalense 557. 8 Civitas Ticeno, 9 mutatio Ad Decimum mi(ia)l X, 10 Civitas Mediolanum mil(ia) X (CSEL 39, p. 6) e nell’Itinerarium Antonini 50-2: A Mediolano Arelate per Alpes Gottias m(ilia) p(assuum) CCCCXI: Ticinum m(ilia) p(assuum) XXII. A Mediolano per Alpes Graias Argentorato m(ilia) p(assuum) DLXXVII, sic: Ticinum m(ilia) p(assuum) XXII. A Mediolano per Alpes Cottias Vienna m(ilia) p(assuum) CCCCVIIII, inde Durocortoro m(ilia) p(assuum) CCCXXXII quae fiunt leug(ae) CCXXI, Gesoriaco m(ilia) p(assuum) CLXXIIII quae fiunt leug(ae) CXVI: Ticinum m(ilia) p(assuum) XXII (Cuntz, p. 60).
4 Per l’economia di Ticinum vedasi E. Gabba, Ticinum: dalle origini fino al III secolo d.C., in AA. VV., Storia di Pavia. Op. cit., pp. 235 s.
5 Cfr. L. Boffo, Per la storia dell’antica navigazione fluviale padana: un collegium nautarum o naviculariorum a Ticinum in età imperiale, “Rendiconti dell’Accademia dei Lincei” ser. VIII,32 (1977), pp. 623-632.
6 Cfr. Cl. Maccabruni, I vetri romani dei Musei Civici di Pavia, Pavia 1983, pp. 9 s.
7 La scoperta di un consistente tesoretto nelle campagne pavesi, databile alla seconda metà del secolo IV, probabilmente destinato al pagamento del soldo alle milizie, potrebbe comprovare la presenza di numerosi militari nel territorio ancora nel secolo IV – cfr. O. Ulrich-Bansa, San Genesio (Pavia). Ripostiglio di monete d’argento del IV secolo d.C., “Notizie scavi” (1954), pp. 166 s. Per quanto riguarda la produzione di armi la Notitia Dignitatum menziona una fabbrica di archi pavese: Ticinensis arcuaria (Not. Dign. Occ. IX 28).
8 Cfr. E.A. Arslan, La moneta a Milano in età costantiniana: una città al centro dell’impero e una zecca chiusa, in F. Biscottini, G. Sena Chiesa, Costantino, 313 d.C. Op. cit., pp. 34-39: la scelta del luogo ospitante la zecca fu spesso dovuta a necessità pratiche, ovvero posizione agevole al reperimento di materie prime, alla distribuzione e sicurezza dei prodotti e alla presenza di personale specializzato.
9 Cfr. E. Gabba, Ticinum: dalle origini fino al III secolo d.C. Op. cit., p. 240.